dislessia, altrettanto non si può dire per paesi come l’Australia, la Nuova Zelanda e altri membri del Commnweatlh.
L’Australia non riconosce nemmeno la dislessia come disturbo specifico di apprendimento, mentre la Nuova Zelanda, nei riguardi della dislessia, offre un panorama ancora più desolante. E la cosa è sorprendente, data la natura della lingua parlata e il livello avanzato dell’economia e della società: a fronte di una legislazione molto avanzata nel riconoscimento dei diritti civili,
è assai curioso che la dislessia non solo non sia contemplata, ma, come affermato nell’International Book of Dyslexia
, <<Most schools and teachers do not think of dyslexia asa real entity>> (Smythe at al 2004:176).
A differenza di Australia e Nuova Zelanda, il Regno Unito ha disposizioni specifiche in materia di DSA e di dislessia in particolare.
Questo è dovuto all’attenzione che la dislessia suscita da lungo tempo nelle isole britanniche.
La dislessia è regolata dal Disability Discrimination Act 1995, integrato con lo SpecialEducational Needs and Disability Act 2001
I DSA sono specificamente trattati all’interno delle leggi in questione e agli studenti e agli adulti DSA viene garantito un
supporto adeguato pari a quello previsto per le persone disabili.
Tra i paesi anglosassoni, gli USA sono quelli che dispongono della legislazione più esaustiva in materia di DSA, ancor più del Regno Unito. I DSA in USA sono regolati dall’ Individual with Disabilities Education Act (IDEA), emendato nel 2004 in seguito alla promulgazione nel 2001 del No Child Left Behind Act,e dall’American with Disabilities Act1990 (ADA) emendato nel 2008. Inoltre durante la predidenza di George W. Bush la campagna No Child Left Behindha dato forte impulso ad un’ulteriore discussione dei DSA.
Il Canada, paese multietnico e plurilingue, ha scoperto la dislessia da parecchio tempo. In Canada la terminologia è un poco diversa: in genere non si usa il termine dislessia, ma piuttosto “learning disability”.
Particolarmente sviluppata in tutte le provincie del Canada è la politica dell’inclusione (mainstreaming). Esattamente
come negli USA, anche in Canada il fulcro delle attività in favore della dislessia è costituito dalladiagnosi e dalla realizzazione di un Individualized Education Program(IEP).
Le misure dispensative e compensative previste dalla legge sono molte e comprendono anche la concessione di maggior tempo agli esami o l’esenzione da certe attività.
Paesi Nordici
In Danimarca, dove la dislessia è più nota con il termine di “cecità alle parole”(ordblindhed), vi sono una serie di leggi specifiche sull’educazione che, tra l’altro, regolano e tutelano i diritti degli studenti con disabilità. I DSA sono considerati disabilità e rientrano all’interno delle tutele delle leggi più generali.
In Norvegia la situazione è simile, con un certo grado di consapevolezza in ambito scolastico. Tuttavia questa è considerevolmente minore a livello universitario e,apparentemente, la dislessia per gli adulti lavoratori non è presa in considerazione dal punto di vista legale in quanto disabilità on in quanto disturbo tout court.
La Francia
La Francia è sorprendetemente “indietro” sotto il profilo legislativo e di riconoscimento stesso della dislessia.
Non esistono insegnanti, strutture e nemmeno fondi statali a favore di quelli che nel Regno Unito vengono considerati
Special Educational Needs. Tutt’al più, a giudizio degli insegnanti (e si noti l’inisita arbitrarietà di tale giudizio) si può chiedere aiuto al Réseau d’Aides Spécialisées aux Élèves en Difficulté(RASED).
Solo nel 2001 è arrivato il primo rapporto sulla dislessia dietro domanda del Ministerodell’Educazione, un’indagine nota come
Rapport Ringard. Il rapporto ha dato vita al Plan d’action pour les enfants atteints d’un trouble spécifique du langage, presentato dal ministro dell’educazione. Questo testo ufficializza l’esistenza della dislessia all’interno dell’ambiente scolastico.
In Francia, incredibilmente per un paese occidentale, risulta ancora del tutto aperta la discussione sulla reale esistenza della dislessia.
Germania e Svizzera
La situazione in Germania è complicata per via della sua storia di frammentazione politica e per il fatto che ogni distretto fa capo a se stesso. Le leggi quindi non risultano unitarie, infatti alcuni Lander prevedono ore aggiuntive da svolgere in orario
extra-scolastico, mentre altri hanno integrato l’assistenza agli studenti con DSA direttamente all’interno dell’attività curriculari.
In altri termini sembra non esistere un equivalente del Piano Didattico Personalizzato italiano o del IEP degli USA
La stessa frammentazione la ritroviamo anche in Svizzera, per via della presenza dei cantoni.
Spagna
La Spagna considera la dislessia una disabilità, benché non vi sia chiarezza in merito. In questo la Spagna si allinea con gran parte degli altri paesi europei, dove non si fa menzione di dislessia all’interno della legislazione corrente ma si tende a trattarla all’interno delle leggi studiate per le disabilità fisiche. Tuttavia sono stati recentemente prodotti documenti informali che indicano come gli studenti dislessici possano essere inquadrati all’interno dei programmi per gli studenti con bisogni speciali (Gimenez-Buiza 2004).
In ogni caso la parola dislessia non compare all’interno della legislazione spagnola
Paesi dell’Est europeo
I Paesi dell’Europa dell’est costituiscono, al contrario della Francia e di Australia e Nuova Zelanda, una sorpresa in positivo. Sono infatti accomunati dall’elevato grado di consapevolezza riguardo la dislessia.
In Bulgaria, ad esempio, sono presenti programmi di screening già dalle scuole primarie e tutte le attività di recupero sono gestite in modalità inclusiva, direttamente all’interno della scuola.
In Croazia gli screening sono addirittura a livello della scuola materna e riguardano tutti i bambini, oltre a essere obbligatorio per legge. La dislessia ha una sua dignità legislativa, cosa rara come abbiamo visto sopra, ma gli accorgimenti presi in aiuto dei ragazzi rimangono circoscritti alle scuole primarie.
Molte poche sono infatti le misure per la scuola secondaria, ma probabilmente anche perche si ottengono alte percentuali di successo con il riconoscimento precoce.
Tra questi paesi sono L’Ungheria riconosce il dislessico come disabile (sotto la denominazione di “ritardo”), ma gli aiuti economici dello stato non vanno alle famiglie, quanto alle scuole che devono gestire questi studenti con handicap (cosi è scritto).
Qualche riflessione
Come abbiamo visto da un lato accostare i DSA alle disabilità generiche è comprensibile, perché infatti gli studenti e gli adulti con DSA sperimentano una condizione di svantaggio rispetto agli individui che la legge definisce “normodotati”.
In talmodo il DSA diviene immediatamente oggetto di tutela da parte dello Stato e può usufruire dei provvedimenti già ideati a favore dei disabili: non è necessario attendere che vengano create nuove leggi.
Tipicamente, cioè, il legislatore sancisce che i DSA sono una disabilità e automaticamente i soggetti DSA possono usufruire di tutto il patrimonio di tutele già previsto per i disabili.
D’altro canto, al di fuori delle istituzioni, la comunità scientifica e le associazioni pro-dislessia dibattono intensamente sulla validità di questo accostamento.
Le domande attorno alle quali si sviluppano le maggiori critiche è: i DSA sono una disabilità? E, più in profondità: che cos’è la disabilità?
Se consideriamo la disabilità in senso medico, che è quello secondo cui funziona la legge, la sua definizione è “Status patologico, devianterispetto alla normalità non patologica.
Un deficit”, ma noi preferiamo la definizione sociologica : “rapporto tra le capacità dell’inidividuo e l’ambiente in cui opera”.
Ma i DSA sono una disabilità? Ed è giusto chiedere una indennità per questo?
Se consideriamo l’approccio medico la nostra risposta è sicuramente NO.
E riteniamo che sia necessario che il legislatore presti più attenzione a una definizione che sta più in ambito sociologico.
Il DSA manifesta la sua diversità qualora l’ambiente non offra caratteristiche tali da poter essere incluso negli ambienti comuni.
In questo senso il denaro e le risorse non dovrebbero essere dati alle famiglie per il “recupero” o addirittura la “guarigione” dei DSA, ma alle istituzioni, perchè possano modificare l’ambiente per renderlo adatto alla valorizzazione delle differenze.
Quindi, in ambiente scolastico l’informatizzazione, la sostitutizione dei libri cartacei con i libri in PDF, l’introduzione di LIM per tutte le classi, la formazione del personale docente e l’applicazione corretta della legge 170/201o, potrebbero annullare del tutto la difficoltà dei bambini e ragazzi con DSA.
Per quanto ci riguarda è assurdo anche pensare a misure per la disabilità in ambiente lavorativo.
Anche in questo caso un maggiore successo ci pare possa essere garantito da un corretto orientamento scolastico, da una gestione migliore dei talenti della persona, per il rafforzamento dell’autostima e quindi delle competenze di ognuno.
Gli strumenti informatici sono già abbondantemente presenti nei settori produttivi, e non riteniamo debbano essere previsti ulteriori tutele.
Non dimentichiamo che le DSA vengono diagnosticate solo a fronte di un QI maggiore o uguale a 85, che consente alla persona di elaborare strategie autonome sia funzionali che organizzative.
Per tutto questo diciamo SI a un legale riconoscimento delle DSA, ma NO, assolutamente NO all’equiparazione di queste alla disabilità fisica o cognitiva.